Regia: Mario Martone
Origine: Italia
Anno: 2014
Durata: 137'
Attori protagonisti: Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Iaia Forte, Isabella Ragonese
Tra i film più attesi dell’ultima mostra del cinema di Venezia, il film di Martone, incentrato su uno dei più grandi autori italiani della storia, sa tanto di occasione persa, proprio perché i barlumi di grande cinema che lascia intravedere danno, per l’appunto, l’impressione di un film discontinuo. Inquadrature bellissime, che sembrano studiate nei minimi dettagli, vengono alternate ad altre scene un po’ sciatte, senza mordente e concepite senza un’idea di fondo precisa. Se stessimo parlando di una canzone potremmo tranquillamente dire che manchi di armonia.
Il film, comunque, ha dei meriti innegabili; quando si lascia andare Martone dà vita a momenti anche piuttosto intensi, in cui anche il montaggio è gestito in maniera notevole. Penso alla scena (SPOILEEER!!!) della morte di Silvia; a quella del piccolo tribunale messo su contro Leopardi dal padre e dallo zio dopo il primo tentativo di fuga da Recanati, dove in pochi secondi il regista riesce a condensare amor paterno, rabbia, realtà, immaginazione e speranze (complice un'ottima prestazione di Elio Germano); le scene in cui dà sfogo ai suoi rimpianti ripensando all’infanzia e quelle in cui il regista si focalizza sulle aspirazioni del poeta marchigiano, sopratutto dopo l’incontro con Pietro Giordani. Il fatto è che tutte le cose che più funzionano nel film fanno parte del periodo di vita recanatese del Leopardi, gli anni dello “studio matto e disperatissimo”, gli anni della presa di coscienza che la poesia sia l’unico filtro, l’unica valvola per esprimersi al meglio, e da lì l’istinto quasi febbrile di scrivere non lo abbandonerà più. L’importanza della letteratura, della filologia e dello studio è preponderante in questa prima fase.
Il lungometraggio di Martone, da qui in poi, inizia a perdersi, a concentrarsi su aspetti poco interessanti della vita di Leopardi tra Firenze e Napoli, tra delusioni amorose, litigi con gli sterili critici delle sue opere ed esperienze sessuali al limite del ridicolo. Il regista si interessa più al tracollo fisico del poeta piuttosto che a una rappresentazione più veritiera di che cosa fossero state per Leopardi le esperienze di Firenze e Napoli. Non bastano quindi le bellissime scene conclusive con l’eruzione spettacolare del Vesuvio a far impennare un film che non riesce a prendere una direzione precisa, sia a livello narrativo sia a livello di messinscena. Altra nota positiva è la colonna sonora di Apparat che riesce a creare un’atmosfera piuttosto insolita, in questo connubio interessante tra scenografie e costumi ottocenteschi e l’ambient dei giorni nostri, dando vita a scene molto suggestive e di forte impatto.
Insomma, sicuramente un discreto film, da vedere per farsi una propria opinione ovviamente, portatore di alcuni messaggi molto validi, ma che non riesce, purtroppo, a renderci partecipi in pieno della vita di Leopardi, lasciandoci quasi indifferenti e con l’idea di aver visto qualcosa con grandi potenzialità non sfruttate a pieno.
Martin Scortese
0 commenti:
Posta un commento