Regia: Christopher Nolan
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 169'
Attori protagonisti: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Casey Affleck
Sì, lo so che su Interstellar ne avete sentite di cotte e di crude, che non si parla d’altro, tra chi lo innalza a capolavoro assoluto del genere e a chi lo boccia a prescindere. So anche, e soprattutto, di non essere d’accordo con nessuna della due tifoserie, anche perché Interstellar è sicuramente un film imperfetto, ma allo stesso tempo molto affascinante e audace (che di questi tempi non fa mai male). E fa ridere che per cercare di smontarlo si tenti di fare perizie minuziose su quanto siano attendibili o meno le tesi scientifiche che sono disseminate in tutta la pellicola. Fondamentalmente, cosa vi sfugge della parola Fantascienza? Con ragionamenti simili praticamente ogni film di questo genere dovrebbe essere una cagata, e per fortuna così non è.
Il film è incentrato sulla figura di Cooper, interpretato da un gran Matthew McConaughey, padre di famiglia che vive insieme ai suoi figli in questa fattoria che risente delle condizioni critiche in cui versa il pianeta Terra: il grano non si produce più e di lì a poco la stessa sorte toccherà al mais. L’uomo va incontro all’estinzione, insomma. Per una serie di circostanze misteriose, il protagonista, da ingegnere e da ex pilota militare, si ritroverà a capo di una spedizione finanziata dalla NASA (ormai diventata una vera e propria società segreta, vista la diffidenza dell’umanità, che come abbiamo già detto versa in condizioni agricole disastrose, in progetti interspaziali come questo) volta a trovare nuovi pianeti su cui far emigrare le persone della Terra costrette a un’esistenza al limite dell’apocalittico. Da qui nasce la profonda frattura tra Cooper e la figlia, che non gli perdonerà di aver accettato di far parte di una missione pericolosissima che rischierà di allontanarli per sempre.
Il tema importante del film, al di là di tutte le divagazioni scientifiche, è il viaggio, o meglio ancora la scoperta. Il sondare aspetti della propria personalità spinti al limite, in un contesto beffardamente tranquillo e soave, in cui il tempo è tiranno in tutti i sensi, in cui si entra in empatia con le altre persone coinvolte in questo straordinario viaggio. Nolan decide di optare spesso per un sguardo documentaristico, volutamente “sporco” oserei dire, che dà forza visiva al film, completamente fuori da certe patine stilistiche adottate da altri film del genere usciti negli ultimi anni. Si sono sprecati paragoni tra questo film e l’opera massima di quel signorino che fu Stanley Kubrick, vale a dire 2001: Odissea nello spazio. È un paragone un po’ forzato, visto che sono due film che inevitabilmente, anche involontariamente, si toccano ma che proseguono nel loro discorso in maniera totalmente differente. Più che altro è il paragone con Incontri ravvicinati del terzo tipo (Steven Spielberg, 1977) che mi sembra più calzante, in cui la curiosità, e a tratti anche la morbosità, verso l’ignoto e il misterioso sono la spina dorsale dei due lungometraggi (tant’è che finali dei due film corrono più o meno nella stessa direzione). Parliamo sempre di padri di famiglia che lasciano tutto, pur di seguire un’idea. È un peccato perciò quando Interstellar scade in facili e patetici sentimentalismi in alcuni dialoghi della Hathaway, che sembrano usciti fuori da tutt’altro film, visto anche il modo delicato, umano e commovente con cui Nolan, al contrario, ci abitua trattando dello splendido rapporto tra Cooper e Murph, vale a dire la figlia. Un rapporto sovvertito da un tempo che darà vita a una scena intensissima in cui padre e figlia (interpretata da adulta da una sempre splendida e bravissima Jessica Chastain, di cui io e Isaia Panduri siamo vergognosamente innamorati) si guarderanno da uno schermo avendo la stessa età.
Lo spettacolo vero e proprio Nolan ce lo riserva nel finale, in cui il coinvolgimento è pressoché totale e in cui il mistero delle leggi che regolano il mondo sembra più facile di quello che è, ricordando anche il racconto La lettera trafugata di Edgar Allan Poe, dove si cerca, si smania per trovare qualcosa, per abbattere quei “fantasmi” che alla fine siamo noi e solo noi possiamo affrontare. Tutto l’ingresso di Cooper nel buco nero è intensissimo, visivamente affascinante, e siamo lì con lui e come lui facciamo esperienza di questo luogo misterioso, che ci si presenta però come un vero e proprio libro aperto, che fa da teatro al definitivo passaggio di testimone tra padre e figlia. E poi? Poi la passione, l’amore per qualcosa, l’amore in generale, spinge Cooper verso il non-conosciuto, ancora una volta, in barba a chi ci ha insegnato a guardare nel fango e a non alzare più la testa.
Martin Scortese
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